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buona volontà: «Guardiamoci bene, diceva egli, di giudicare l’Austria di oggi dagli scritti di alcuni pubblicisti troppo zelanti. Essa conta uomini di Stato che discernono con sangue freddo gli interessi del loro paese. Essa è retta — e possa asserlo ancora lungamente — da un grande monarca. Io non posso quindi trattenermi dallo sperare che tra essa e la mia patria questa triste nube passerà senza tempesta e che dopo, per il bene dell’Europa intera oscurata da questa crisi, verranno giorni di buona volontà, di buon vicinato e di serenità.»
Era il linguaggio della ragione, della moderazione, della onestà. L’ambasciatore d’Austria-Ungheria a Parigi, incontrando il signor Vesnitch, si congratulava con lui per le sue dichiarazioni. Io non mi permetto di mettere in dubbio la buona fede di queste congratulazioni. Io non sono il solo a pensare che gli ambasciatori dì Austria-Uugherìa e di Germania a Parigi fossero poco al corrente del colpo che si preparava a Vienna e a Berlino. Ma quale sapore di ironia crudele e macabra gli avvenimenti hanno dato a queste congratulazioni, che precedono di dieci giorni soltanto la presentazione dell’ultimatum austriaco!