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95 ciò che V. P. reverendissima in una nota a pag. 519 modestamente confessa che avviene talvolta, cioè che per inavvertenza o per negligenza de’ Revisori si stampano libri in Roma che non dovrebbon vedere la pubblica luce, e che perciò quelle parole siano sfuggite al severo suo sguardo. Di fatto a pag. 198 ov’io ripeto che Clemente VII, avviluppatosi nelle guerre dei principi, espose Roma all’orribile sacco, ec., ella, che in quel giorno in cui lesse queste parole, dovea esser compresa da più diligente zelo, si compiace di darmi una graziosa mentita, dicendo che non fu Clemente, ma l’astio del calvinista Borbone, ch’espose Roma al sacco. Nel che, oltre il convincermi di grave errore, ella, benchè senza darsene vanto, ci dà prima di ogni altro una notizia sfuggita finora a quanti sono stati scrittori di teologia e di storia, cioè che fin dal 1527, quando Calvino non contava che diciotto anni di età, e cinque anni prima ch’ei si scoprisse eretico, vi erano già Calvinisti, e che tale era il Borbone. Così gli uomini grandi, quasi senza volerlo ,4illuminano gl1 ignoranti, e segnano le loro vie di sempre nuovi raggi di luce. A difesa dello stesso pontefice è diretta la nota a pag. 275. Ivi ho scritto che non era eguale alla stima la deferenza del papa a’ consigli del Sadoleto, il qual veggendolo esporsi a manifesta rovina, si sforzava di tenerlo lontano dall’imminente pericolo , finchè veggendo che il pontefice erasi ormai tanto inno l/rato, che più non v era luogo a consiglio, chiesto ed ottenuto il congedo, venti giorni prima del sacco di