Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/354

8;8 sapere di Gherardo, conchiudo: chi non crederà, ec. Qui ripiglia egli, e dice: chi non crederà, dirò io pure, leggendo questo tratto del sig. abate lampillas, ch’io nulla abbia detto di tutto ciò di ci va qui raccontando in lode della sua Spagna? (p. i i). Io rispondo, che ciò crederà chiunque non crede, come io non credevo , che il bravo e vivace Storico della letteratura italiana potesse tessere la Storia di qualche letterato in guisa , che ciò che narra nel mezzo contraddice a ciò che dà ad intendere sul principio, ed a ciò che conchiude sul fine. Legga chiunque l’esordio da me recato, con cui comincia il Tiraboschi a parlare di Gherardo, e le parole con cui conchiude la sua Storia , cmi dica se creduto avrebbe giammai che parlasse il Tiraboschi d’un Italiano che andò in Ispagna a coltivare la filosofia che giaceva dimenticata in Italia, e che colà s’impiegò nella traduzione d’alcune opere filosofiche? Eppure, come io stesso scrivo, non può dir altro di Gherardo il Tiraboschi. Io non pretesi che non avesse detto il Gherardo tutto ciò ch’egli ha scritto; pretesi bensì, che dovendo lui ciò confessare, ch’era di non poco onore alla letteratura spagnuola di quei tempi, e che dovea chiaramente mostrare che furono gli Spagnuoli i maestri degl’italiani nei filosofici studi, egli a fine d’annebbiare gli occhi de’ suoi leggitori, e far loro credere tutt’altro, cominciò con quel bell’esordio: che più? anche alle Spagne si fece conoscere il valore degli Italiani nel coltivamento dei filosofici studi, aggiungendovi la non men bella chiusa: