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84* contro V Italia. Dimando io adesso al sig. abate Tiraboschi: il lasciarsi un autore ciecamente condurre da una prevenzione ingiusta, o da una brama immoderata, è forse argomento di qualche rea intenzione e di mal nata passione, o può tutto ciò aver la sorgente in qualche innocente pregiudizio? Se al primo s’attiene, dunque non è men malmenato il Ch. Uezio dal sig. abate Tiraboschi nella sua Storia di quello eh1 egli pretende esserlo stato da me nel mio Saggio. In me è un irremissibile delitto: sarà nel sig. abate un tratto innocente? Se già non gode lo storico della italiana Letteratura qualche particolar privilegio di trattar a sua fantasia gli autori, o che monsig. d’Auranges abbia minor diritto alla sua riputazione e buon nome. Che se poi tutta quella troppo sfavorevole prevenzione, tutta quella eccessiva brama, tutta quella cieca condotta niente intaccano le intenzioni, come può egli mai accusarmi d’averlo ingiuriato attribuendoli ree intenzioni, quando io non altro pretesi dire, se non che (e così lo scrissi tom, 1, p. 17) si lasciò ciecamente condurre o dalla brama di esaltare la sua nazione, o da una troppo sfavorevole prevenzione contro la Spagna (1). Più forti ancora sono le espressioni con cui parla l’abate Tiraboschi contro il sig. de S. Marc. Scrive egli, parlando di questo autore, che c (1) Ognun vede quanto sia stringente questo e il seguente confronto della maniera da me tenuta con monsignor Huet e con M. di S. Marc, e di quella che meco ha usata 1’ah. Lampillas.