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81 a favore, e che distruggo» le accuse eli’ ci mi ha intentate. Dico in primo luogo ch’egli mi fa dir cose ch’io non ho dette. Egli reca (par. 1, p. 15) come da me scritte le seguenti parole: La dominante nazione spagnuola porta seco il contagio di cattivo gusto in genere di letteratura; e cita la Dissertazione preliminare innanzi al tomo secondo della mia Storia, cioè il passo da me recato poc’anzi. Ma dove sono elleno cotai parole? Legga e rilegga il sig. abate Lampillas quel passo, e ve le truovi, s’egli è da tanto. È vero che da ciò che ivi dico, sembra potersi raccogliere ciò ch’egli mi attribuisce. Ma quanto diversamente e quanto più dolcemente ho io esposto il mio sentimento, con qual cautela e con qual mitigazione! E egli lecito dunque il cambiar le parole di uno scrittore, e 1 alterarne in qualche modo il senso; e citare come precise parole da lui usate, quelle ch’egli mai non ha usate? Poco appresso egli altera ancora e travolge un’altra mia proposizione. Io dico: Marziale, Lucano e Seneca furono certamente quelli che aW eloquenza e alla poesia recarono maggior danno; ed essi ancora erano spagnuoli. Ed ei cita come da me scritte queste parole: Dopo la morte d’Augusto furono gli Spagnuoli (quei che recarono nuiggior dumo all eloquenza ed alla poesia; e con ciò rendendo universale la proposizione, che io ho ristretta a que’ tre solamente, la rende ancora più odiosa, e non pago di ciò, un’altra volte ripete (p. 36) questa proposizione, e di nuovo l’altera e la travisa attribuendomi queste parole: