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TERZO 709 in versi a un cavaliere, pi egandolo clic , poiché il gran duca aveagli dato pane, si compiacesse egli di dargli il vinoj e il memoriale ebbe 1’elTetto eli1 egli bramava. Si tentò ogni via per fermarlo in Firenze, e fargli cambiar abito e tenore di vita j ma tutto fu inutile} anzi avendolo monsignor. Ciampoli fatto andare a Roma, e a grande stento avendo ottenuto che a un solenne pranzo venisse in abito alquanto migliore, appena ei vide il lauto apparecchio di quella mensa , e le dilicate vivande di cui fu essa coperta, che, sdegnato, fuggissene dispettosamente, e lasciata subito Roma, tornossene alle sue montagne, ove poscia continuò a vivere fino alla morte. Oltre una favola cacciatoria , intitolata il Siringo, ne abbiam due poemi in ottava rima, uno intitolato Fiesole distrutta, l’altro il Mondo desolato: i quali> se si considerano come opera di un rozzo bifolco , non posson non rimirarsi come ammirabili; ma se si considerano come parto di un poeta, non posson aver luogo che tra’ mediocri. E poichè siamo sul parlar di prodigi, a’ due contadini poeti aggiugniamo un fanciullo figliuol di un facchino, filosofo, teologo, medico , giureconsulto, e in tutte le scienze maravigliosamente istruito. Ei fu Jacopo Martino modenese, nato agli 11 di novembre del 1639) in Racano nella diocesi d’Adria, di padre oriondo modenese, che poi venuto, per guadagnarsi il pane, a Budrio, colà condusse anche il figlio. Il P. Giambatista Meietli dell1 Ordine de1 Servi di Maria, avendo ivi scorto in lui quasi ancora bambino un raro talento, prese ad istruirlo a