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AL CAPO II DEL LIBRO II 5o5 che il Cusa vi si recasse, era stato in Padova professore d1 astronomia quel Biagio Pelacane, il cui sepolcro vedesi innanzi alla cattedrale di Parma sua patria con un lungo elogio , in cui se ne esalta singolarmente il sommo sapere nell’astronomia. Non è dunque improbabile che da lui avesse il Cusa le prime idee di quel sistema ch’ei poscia abbracciò, e venne, benchè rozzamente, spiegando in quella tra le sue opere che è intitolata De docta ignorantia, nella quale egli afferma che la Terra si muove, e il Sol resta fermo (l. 2, c. 11, 12); e alla difficoltà che dal volgo si oppone, cioè che noi non ci avveggiamo del moto che va essa facendo, risponde, come suol farsi anche oggi, che ciò avviene allo stesso modo con cui a chi naviga e tien gli occhi fissi alla spiaggia, sembra che questa si muova e che ei rimangasi immobile. Or questo libro, in cui egli osò di sostenere un’opinione che allor dovette sembrare sì strana , non tenne già egli nascosto e sepolto nel! suo scrigno, ma il rese pubblico, come allor si poteva, dedicandolo a un de’ più celebri personaggi che avesse allora la Chiesa, cioè al Cardinal Giuliano Cesarmi, che era già stato suo maestro nel diritto canonico in Padova, e con cui il Cusa, fatto già arcidiacono di Liegi, erasi trovato presente al concilio di Basilea l’anno Il libro del Cusa, dedicato a un tal cardinale, dovette dunque aggirarsi tra le mani de’ dotti, e la nuova opinione da lui proposta dovette essere frequente scopo de’ loro ragionamenti; e molto più che allor quando