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AL CAPO II DEL LIBRO II 5o3 una cosa medesima; ne ripetono il dolente racconto a’ loro amici, e si va in ogni parte esclamando che il Galileo ci somministra uno de’ più lagrimevoli esempii d’una ingiusta e crudele persecuzione. Io non voglio per ora intraprendere l’apologia de’ tribunali romani; il che però da altri si è fatto felicemente , mostrando che non può negarsi, è vero, che troppo allora si seguissero in Roma i volgari pregiudizii, e che ne fosse effetto la proibizione del sistema copernicano, ma che tutti al Galileo si usarono que’ riguardi che alla sua età, al suo carattere, al suo sapere eran dovuti; e che finalmente non fu la Chiesa, ma un secondario e non infallibile tribunale, da cui il detto sistema fu condennato. Per altra via io voglio oggi difendere la corte romana nella condotta da essa tenuta a riguardo del sistema copernicano, e, lasciando in disparte ciò che al Galileo appartiene, io stabilisco una proposizione clic seiubreravv i dapprima aver l’apparenza di paradosso, ma ch’io spero di dimostrarvi in tal modo, che chiaramente ne riconosciate l’evidente certezza. Io dico dunque che prima de’ tempi di Galileo i difensori del sistema copernicano da niuno e in niun luogo furono più onorati che da’ romani pontefici e in Roma; e nel recare le pruove mostrerrovi al tempo medesimo che benchè i primi sostenitori di quel sistema fossero oltramontani, ali* Italia però dovetter essi il sapere di cui si adornarono, e che noi possiamo in certo modo rimirarli non altrimente che nostri; e che il sistema copernicano, nato nell* Allcrnagna , nell’Italia prima che altrove si divulgò, si sparse