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III. Elogio di Giwiiictnio (jravina. 4i)6 libro JII- Ma lasciamo questi ed altri somiglianti giureconsulti, per venire al famoso Gravina, cioè a uno di quegli uomini di cui malagevole è a elidili) re se più sieno stati innalzati con elogi, o depressi con satire, e se più degni fosser de’ primi, o delle seconde. Io mi varrò nel parlarne, e nel riferirne sì i pregi che i difetti, della Vita che elegantemente ne ha scritta monsig. Fabbroni (Vitæ Italor. doctr. excell. dec. 2, p. 107, ec.), a cui niuno, io() credo, darà a questo luogo la taccia di scrittor sospetto e parziale. Rogiano, castello vicino a Cosenza nella Calabria, fu la patria di Giovanni, o, come ei si disse in latino, Giano Vincenzo Gravina. Gennaro Gravina e Anna Lombarda, famiglie onorate di quel paese, ne furono i genitori, da’ quali nacque a’ 21 di gennaro del 1664 Fu dato prima ad istruire a Gregorio Caroprese, da cui non solo fu introdotto nell’amena letteratura, ma anche negli studi della geometria e della filosofia, non già secondo i principii peripatetici, ma secondo que’ del Telesio, del Mersenno e del Cartesio, la cui filosofia erasi in quelle provincie sparsa per opera principalmente di Tommaso Cornelio, come a suo luogo s’è detto. Passò indi a Napoli, ove, dopo essersi sempre più avanzato nello studio delle lettere greche e latine, si volse alla giurisprudenza civile e canonica; e non pago della maniera digiuna e barbara con cui e.ssa insegnavasi, la adornò collo studio dell1 erudizione, dell’antichità, della storia e anche della teologia. Nel 1688 si trasferì a Roma , ove fu accolto e tenuto per più anni