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388 LIBRO a quella Rcal Società, che fu ivi due anni appresso ristampata. Avverte però monsig. Fa» broni che in alcuni de’ teoremi dal Ricci proposti , e nelle loro dimostrazioni, avealo il Torricelli già preceduto , come da alcuni monumenti inediti egli ha raccolto j ma aggiugne, che se il Torricelli andò innanzi al Ricci nel tempo della invenzione, questi lo superò nella bellezza delle dimostrazioni. Maggior lode ancora deesi al Ricci, perchè laddove tra ’l comune degl1 Italiani l’algebra in questo secolo non fece grandi progressi, e le nuove vie additate dal Vieta, dall* Harriot, dal Cartesio, e da altri Oltramontani, non furon da’ nostri molto seguite, egli in questa scienza ancora volle istruirsi, e fece conoscere quanto in essa valesse: Furono da me, scrive egli al principe Leopoldo nel i(X55 (Lctt. ined. t. 2, p. 126), quattro matematici insieme, due di Germania, uno Franzese ed uno nostro Italiano, e di quei Tedeschi si dichiarò uno di non aver incontrato in Italia persona da conferire le materie dell’algebra, della cui perizia si pregiava singolarmente, ed avendo inteso eh io ne professavo , mi propose un problema geometrico da sciorre per e speri menta re , coni egli disse, quanta prontezza io avessi nelle matematiche. Ora mi parve di veder posta in cimento la mia riputazione e degli altri nostri paesani, cioè degl" Italiani, e la mattina seguente ero in ordine col problema risoluto pure a mente , ed ampliato assai più di quello che mi era stato proposto, e mi rallegrai di poter in ciò rintuzzare l’orgoglio di quel buon Tedesco, al quale