Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/284

2^2 LIBRO que Galilée ait eu auparavant moi cette pensée (ib), p. 225). Alla testimonianza del Cardinal Leopoldo aggiugnesi quella del Galileo medesimo, il quale, scrivendo nel 16.^7 a Lorenzo Reali, ragiona a lungo del pendolo eli’ ei chiamava il suo misuratore del tempo, e, dopo avere minutamente descritto in qual maniera egli il! formasse, accenna insieme 1 uso clic potea farsene per gli oriuoli: E siccome la fallacia degli oriuoli consiste principalmente nel non s’essere sin qui potuto fabbricare quello che noi chiamiamo il tempo dell’orologio, tanto aggiustatamente, che faccia le sue vibrazioni eguali, così in questo mio pendolo semplicissimo, e non soggetto ad alterazione alcuna, si contiene il modo di mantenere sempre egualissime le misure del tempo (Galil. Op. t. 2, p. 476). Puossi egli bramare monumento più autorevole a dimostrare che il Galileo ideasse l’applicazione del pendolo all’orologio? Che poi l’idea del padre fosse dal figlio Vincenzo eseguita, oltre le pruove già accennate, ne abbiamo un1 altra evidente in una lettera latina di Matteo Campani degli Alimeni al re Luigi XIV, la quale contiene troppe più altre belle notizie, perchè io debba qui darne un fedele estratto (Letti ined. (d’Uom. ill. t. 2, p. 227, ec.). Ei narra adunque che nel 1655 (due anni prima che f Ugenio offrisse agli Stati d’Olanda il suo orologio) il pontefice Alessandro VII aveagli ingiunto di applicare il pendolo agli orologi; e eli1 egli alora avea riflettuto che poteansi per mezzo del detto pendolo regolare gli oriuoli in modo che la divisione dell’ore fosse perfettamente uguale j