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262 LIBRO più lungamente il Galileo nel suo Saggiatore, c tutti pure ne parlano gli scrittoli da noi al principio citati, e più diffusamente di essi il sig. dottore. Domenico Vandelli (Considcraz. sopra le Noliz. de Lincei, p. 21, oc.; Letture di Ciriaco Sincero, p. 84, ec.), che coll’addurre le testimonianze di moltissimi scrittori di que’ tempi in favore del Galileo, ribatte la nuova asserzione del celebre dott. Giovanni Bianchi da Rimini, il quale al principe Federigo Cesi avca attribuita la gloria dell’invenzione sì del telescopio, come del microscopio, di cui presto ragioneremo; e pruova insieme, ciò che noi pure abbiamo altrove provato, che nè il Porta, nè altri più antichi avean conosciuto il telescopio. Che se il Galileo non fu il primo a trovare questo stromcnto, egli ebbe la gloria di lavorarlo con assai maggior perfezione che non si facesse in Ollanda, e ne abbiamo fra le altre la testimonianza in una lettera di Costantino 466, ec.). Il P. Cabeo ha voluto egli pur contrastare questa gloria al Galileo, dicendo che vent’anni prima che il Galileo facesse uso del telescopio, conosciuto avea in Modena un Gesuita il quale, benchè inesperto in tali cose, ponendo all’occhio una lente concava, e sopra essa tenendone un’altra convessa, ingrandiva mirabilmente gli oggetti (Comm. in Lib. Meteorol. Arisi. ’ p. 48, l. 3, p. 16,). Ma già si è osservato che anche il Fracastoro parla di tali lenti così unite. E ciò vuol dire che eransi dati tutti que’ passi che a trovare il telescopio erano necessarii, ma ch’esso non era ancora stato trovato. Veggasi intorno a ciò la più volte citata opera del dott. Giovanni Targioni Tozzetti, ove assai lungamente esamina questo argomento (t. 1 , p. 23 , ec.).