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SECONDO 209 quale rimborsò il Noris di ciò che speso avea nella stampa. In essa ei prende a descrivere T origine e le vicende di quella eresia, e ad esaminare chi ne fosse promotore e sostenitore, rischiarando questo intralciato punto di storia ecclesiastica assai più che non si fosse fatto in addietro. E per ciò che appartiene all’erudizione e alla critica, è certo che non si era ancor veduta in Italia opera alcuna intorno alla storia ecclesiastica, in cui ella si vedesse meglio riunita che in quella del Noris, il quale non solo in essa raccoglie con diligenza i più autorevoli monumenti, ma li confronta tra loro, e ingegnosamente ne trae quelle illazioni ch’ei giudica al suo sistema opportune. I Ballerini raccontano che quando il Noris vide le opere di Mario Mercatore circa il tempo medesimo pubblicate in Parigi, e con erudite dissertazioni illustrate dal gesuita Garnier, disse ch’ei non avrebbe pubblicata la Storia Pelagiana, se avesse saputo prima che quell’opera dovesse venire a luce, perciocchè temeva che alcuno potesse crederlo plagiario; il qual sospetto però non poteva cadere in mente a chi rifletteva che due scrittori lontanissimi l’un dall’altro aveano quasi al tempo medesimo pubblicate quelle loro opere. Non lasciò nondimeno il Noris di confutare in qualche parte l’opera del Garnier, scrivendo la sua Censura sopra le note dell’autor francese a’ titoli delle Epistole sinodali xc e xcii tra quelle di S. Agostino, nelle quali egli avea cercato di fissare le Chiese de’ vescovi che le aveano scritte. Questa contesa non ebbe altro seguito. Non così quella che il Noris dovette sostenere Tiraboschi, Voi. XIV. i4