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24*4 * LIBRO si raccontano , appena otterebbon fede, se non fossero per lo più confermate dalla testimonianza di que’ che ebbero il piacer di vederle co’ loro proprj occhi. Di quella Properzia de’ Rossi, di cui si è fatta poc’anzi menzione, narra il Vasari (t.3, p. 402) che in un nocciolo di pesca intagliò con ammirabil lavoro tutta la Passione del Redentore, esprimendovi chiaramente un numero grandissimo di persone, oltre i crocifissori e i XII Apostoli. L’arte di assottigliare e d’impicciolire per modo gli orologi, che si chiudano in un anello, la qual forse da alcuni si crede l’estremo sforzo dell’industria de’ moderni artefici, fu fin d’allor conosciuta , e uno ne rammenta Pietro Aretino in una sua lettera del 1537, che fu mandato al Gran Turco: Gian Vincenzio, dice egli (Leti. I. i, p. 248), che ridusse l horiuolo nelT anello del Gran Turco, non dovea far sudar T industria nella nave, che và per la tavola, e nella figura, che balla per la camera da se stessa, essendo buone solamente a muover le risa delle Donnicciuole. Di questo Gian Vincenzo nominato dall’Aretino io non saprei dare più distinta contezza, se Giulio Barbarani scrittor vicentino di quell’età, che nel 1566 pubblicò un libro intitolato Vicentiae Monumenta, non ci avvertisse ch’egli è il medesimo che Gio. Giorgio Capobianco vicentino (p. 11), il quale viveva ancora, mentre questo autore scriveva. Convien dunque dire che due di tali maravigliosi orologi lavorasse il Capobianco, uno donato al Gran Turco, l’altro, come ora vedremo, donato al duca d’Urbino. Ecco l’elogio