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TERZO 2J27 e di Sardanapalo. Avicenna vi manifesterà i suoi errori, e Ptolomeo gli suoi in Astrologia: et io introduco uno Astrologo cornponere una nuova Astrologia contraria a quella degli altri , ec. Ma tutti i grandi elogi eli’ ei fa di queste sue opere, le quali per nostra buona sorte non sono mai venute alla luce, terminano in pregar l’Aretino che gli ottenga qualche impiego presso il duca d’Urbino. In questa lettera stessa fa il Fausto menzione di un suo fratello frate, il quale, se è vero ciò ch’ei ne narra, convien dire che fosse un predicatore di nuova foggia, poichè egli dice che, predicando in Cesena, nel fine di una sua Predica conchiuse y che a voler riformare la nazione umana , la natura e Dio non potrebbe ritrovare mezzo migliore , quanto produrre molti Pietri Aretini. Queste lettere non son certamente troppo onorevoli al Fausto; che chi parla con tai lodi di se medesimo, appena è mai che sia degno veramente di lodi. L’Aretino nondimeno , che rendeva volentieri fumo per fumo , esortava nel 1546 il Fausto a pubblicare le infinite opere composte dallo immenso sapere di esso, e si doleva che i negozj impostigli dal Gran Pallavicino non gliel permettessero (Lett. t. 3, p. 341). Infatti allora il Fausto già da alcuni anni era in casa di Girolamo Pallavicino marchese di Corte Maggiore, a cui nel 1544 dedicò la versione delle Tusculane di Cicerone (V. Argel. Bibl. de’ Volgarizz. t. 1, p. 256), protestando che qualunque opera che finallora avesse veduta la luce , o fosse in avvenir per vederla, era stata, o concetta, o