Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/361

TERZO 33a3 stampate in Venezia nel i56c), e da lui dedicate a Scipione Gonzaga , che fu poi cardinale , e in queste lettere ei fa ancora menzione di varie traduzioni dal greco ch’egli avea fatte. Un bell’elogio di Giulio ha inserito ne’ Comentarj della sua Vita il detto Scipione, il quale narrando che il cardinale Ercole suo zio gliel diede a compagno e direttor ne’ suoi studj, lo dice: hominem Graecis et Latinis literis apprime imbutum, et qui summa vitae innocentia et morum gravitate summam Latinae scriptionis elegantiam conjunctam haberet VI. Voglionsi ancora accennare coloro che a promuovere e ad agevolare lo studio dell’eloquenza ci dieder recate nella nostra lingua le orazioni degli antichi scrittori greci e latini. E per lasciare in disparte alcune particolari orazioni, da diversi scrittori tradotte , noi rammenteremo solo , quanto a’ Greci, la traduzione delle undici Filippiche di Demostene fatta da Felice Figliucci, stampata in Roma nell’anno 1551, e dedicata a quel Cardinal del Monte, che disonorò il pontificato di Giulio III, il qual l’avea adottato in nipote; e la traduzione delle Orazioni d’Isocrate fatta da Pietro Carrario dottor padovano, e stampata in Venezia nel 1555. Niuna però di queste due traduzioni è tale che possa esserne pago chi vuol comprender la forza e l’eloquenza di que’ rinomati oratori. Maggior numero di traduttori ebbero le Orazioni di Cicerone; perciocchè oltre le molte versioni di una o più tra esse, fatte da Cornelio Frangipani, da noi poc’anzi Tiraboschi, Voi XIII. a3