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41 22C)3 LIBRO si abbia a parlare e a scrivere correttamente. Così avvenne della lingua italiana. Per lo spazio di oltre a tre secoli ognuno aveala usata come pareagli più opportuno a spiegare le sue idee. Il tempo, il più sicuro e il più imparziale giudice delle opere d’ingegno, assicurò l’immortalità alle opere di Dante, del! Petrarca, del Boccaccio e di tanti altri colti scrittori che furono sempre avuti e sempre si avranno in conto di maestri del ben parlare, e distrusse la memoria di tanti scrittori italiani incolti e rozzi, le cui opere o son perite , o giaccion tuttor tra la polvere. Al principio dunque del secolo xvi si cominciò a esaminare le opere de’ più rinomati scrittori; e sugli esempj loro si venner formando quelle leggi e quelle avvertenze che riducendo, per così dire, la lingua italiana in sistema , la rendesser sempre più bella, e servisser di norma agli altri, per ornare le opere loro colle grazie di uno stil colto e leggiadro. Pare che la lingua latina al veder V italiana, ch’ella rimirava come sua figlia, ingentilirsi di giorno in giorno, e adornarsi di nuovi vezzi, ne divenisse in certo modo gelosa, e cominciasse a temer che la figlia non si levasse contro la madre, e si usurpasse quel regno di cui ella avea finallora tranquillamente goduto. Quindi eccitò ella alcuni de’ suoi più devoti adoratori e seguaci a prender le sue difese e a sostenerla contro questa orgogliosa rivale. Romolo Amaseo fu il primo che uscisse in campo per essa, quando nel 1529 in Bologna innanzi aH’impcrador Carlo V, al pontefice Clemente VII e a più altri gravissimi personaggi recitò le due eloquenti