Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/328

2HJO LIBRO verso la metà del secolo fioriva egregiamente l’amena letteratura in Italia, e vi erano scrittori latini di rara eleganza. Più ragionevole io credo che fosse il lamento che Latino Latini faceva sulla fine del secolo, cioè nel 1584, dolendosi che le università italiane fossero allora sì scarse di professori di belle lettere, che convenisse chiamarli fin d’Oltremonti: Male, scrive da Roma a Gammi Ilo Paleotti (Latinii Epist. t. 1, p. 277), ut nunc quidem est, Palaeotte suavissime, apud Italos cum litteris agitur, si, quod gemens scribis, quae olim gymnasia ita fiorebant, et eruditorum virorum numerosa examina solita erant effundere, et ultra alpes et maria ad omnium liberalium artium scientiam disseminandam excolendamque mittere, nunc ita sunt exausta, ut ex aliis Provinciis ad nos, non sine ignaviae nostrae nota, evocandi sint; quorum industria Itala juventus et linguarum scientia et rerum cognitione imbuatur. Hic enim, ut audio, qui in utraque lingua humaniores, quas dicunt litteras, publicis stipendiis conducti profitentur, Lusitani, Hispani, Galli que majore ex parte sunt. Infatti verso questi tempi furono professori di belle lettere nella Sapienza di Roma Tommaso Correa portoghese, Marcantonio Mureto e Maurizio Bresse francesi (Carafa, de Gymn. rom. t. 2, p. 317). E il decorso di questa Storia medesima ci ha dimostrato che gli ultimi anni di questo secolo furono men fecondi di colti scrittori e di professori valorosi che i primi, per quelle consuete vicende per cui l’ardore di una nazione per qualchcsiasi oggetto non suole durare