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TERZO 2259 si avesse qualche testimonianza più autorevole di quella del Planerio, che può essere sospetta , e che si potesse citare almeno un altro scrittor di que’ tempi che ne facesse fede. Lo Stoa passò il rimanente de’ giorni suoi parte in Brescia, parte in V illachiaru presso il Martinengo, e parte in Quinzano, ove negli ultimi anni si ritirò, e ove ancora finì di vivere a’ 7 di ottobre del 1557. Moltissime sono le opere dello Stoa, tutte in latino, altre in versi, altre in prosa; e si può dire che non v’ha argomento di cui egli non iscrivesse. Il lor catalogo si può vedere aggiunto alla Vita più volte da noi mentovata. L’erudito autore di essa ne dice gran lodi, e trova le orazioni dello Stoa piene di robustezza e di grazia, le opere storiche scritte con buon criterio, le poesie leggiadre e vivaci, le altre opere piene di cognizioni scientifiche e filosofiche d1 ogni maniera; e sol ne biasima lo stile troppo ricercato e troppo amante della più rimota antichità della lingua latina, Io confesso che poche opere ho vedute di questo scrittore; ma quelle poche, a dir vero, a me non sembrano degne di tanti elogi. Le poesie son migliori delle prose; ma finalmente, a mio giudizio , non son che mediocri. Lo stile parmi non già antico, ma barbaro; e a me non è riuscito di rinvenirvi quella sì vasta erudizione che in esse da altri si loda. Io non veggo innoltre tra gli eleganti scrittori di quei tempi un solo che ne abbia parlato con lode, se traggasene Giulio Cesare Scaligero che fa qualche elogio delle Tragedie da lui pubblicate. Ma qual onore c Tuuboschi, Voi XIII. 19