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TERZO 223^ si trattenesse il Cammillo in Italia, ma è certo ch’ei tornossene poscia in Francia. Ivi però non potè mai il Cammillo trovar quella sorte a cui aspirava , e i duemila scudi di entrata da lui chiesti al re Francesco, non furono che una sua inutile brama. Pensò dunque a partirne. Ma prima di ricondurlo in Italia, vuolsi ricordare un fatto di’ ei narra avvenutogli in Parigi, ma non ci dice in qual tempo; cioè che trovandosi egli con più altri in una sala, un leone, fuggito dalla sua carcere, vi entrò d1 improvviso; e mentre tutti gli altri fuggivano, la fiera a lui accostavasi, il venne dolcemente accarezzando e lambendo, perchè, dice egli ingegnosamente, il leone conobbe in lui esser molto della virtù solare (Op. t. 1, p. t)5). Di questo fatto fa menzione ancor Giuseppe Betussi nel suo Raverta, stampato nel 1544 (p- l^9)j ^ quale introduce a narrarlo lo stesso Raverta che vi era stato presente. Checchè sia di ciò, Giulio venne di nuovo in Italia verso f ottobre del i543, come raccogliam da una lettera di Girolamo Muzio (Muzio, Lettere, p. 66, ed. Fir. i5t)o).* Questo valentuomo fu un di coloro che si lasciaron sedurre dalle belle promesse che faceva il Cammillo; e adoperossi perciò allora col marchese del Vasto, presso cui egli E dopo aver detto che di cotali impostori vi ha in ogni parte gran copia, soggiugne che ciò che a lui è proprio, si è l’arte di raccoglier denaro colle sue impostine: Vi* il ir.-un? nostri Rcges rmungcrp mimmi*: list id , quo doctum vincer»» quemque potes. L. 2 , rui M. 7.