Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/25

TERZO. 1987 L’Accademia romana, che dopo la morte di Pomponio Leto andava quasi raminga, fu da lui accolta. Una copiosa e scelta biBlioteca, una magnifica collezione di statue, di medaglie e d altri antichi pregevoli monumenti rendevano gli orti del Colocci famosi in Roma, e più famosi ancora rendeagli l animo splendido e liberale del lor possessore, il quale sembrava non esser ricco che a vantaggio de’ dotti. Quindi pieni sono delle lodi di Angelo i libri pubblicati a quel tempo, e molti de’ loro autori confessano di aver avuto da esso o aiuto o stimolo alla lor pubblicazione. Il senato romano lo onorò del titolo di patrizio, cui rendette comune alla famiglia Colocci, e non fu egli men caro a’ pontefici Leon X, Clemente VII e Paolo III. Il primo di essi, oltre un dono fattogli di quattromila scudi per certi versi scritti in sua lode, il nominò suo segretario, e mortegli già ambedue le mogli che il Colocci successivamente avea menate, nel 1521 gli diè la sopravvivenza al vescovado di Nocera. Questa da Clemente VII gli fu confermata, da cui ebbe ancora il governo d'Ascoli, e fu inviato a diverse corti d’Europa, per unire i principi in quella lega che fu poi sì fatale al pontefice. E il Colocci stesso tornato frattanto a Roma, ebbe non leggier danno; perciocchè nel memorabil sacco del 1527 ei sostenne gravi affronti, vide incendiata la sua casa, rovinati i suoi orti, e dovette sborsare una gran somma di denaro per riavere la libertà. Andossene allora alla patria, e per alcuni mesi attese a ristorarsi da' sofferti gravissimi danni. Indi tornato Tiraboscui, Voi XIIJ. 2