Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/229

TEllZO 2I()| applaudito (l. 4 > 1los>’)• I>a Milano passò a Roma professore alla Sapienza, e dalla prefazione da lui detta sulle Ode d’Orazio, che fu ivi stampata, raccogliesi che ciò fu al principio del pontificato di Clemente VII, e per opera del Cardinal Egidio da Viterbo e del Giberti. Ivi in fatti nel 1524 stampò le sue Poesie latine, le quali sono comunemente scritte con eleganza; e il Giovio osserva ch’ei volle anzi acquistar qualche nome trattando argomenti tenui , che intraprendendo poemi serj e gravi esporsi a pericolo di non passare i confini della mediocrità (in Elog.). I due soprallodati scrittori affermano ch’ei trovossi presente al sacco di Roma. Ma il Giovio, con quelle parole Effugit cladem Urbis, sembra indicarci di’ ci ne partisse prima. Anche il Giovio però ha errato affermando che da Roma passò a Cosenza. Ei fu prima per qualche anno in Venezia maestro di belle lettere a’ giovani destinati alla ducale cancelleria; e di là poscia nel 1529 si trasferì a Cosenza con animo di ritornare a Venezia. Alcune lettere da lui scritte a Benedetto Ramberti e ad Andrea Franceschi (Epist. cl. f ir. ed. ven. 1568, p. 88, ec.), e alcune altre inedite citate dal P. degli Agostini (Scritt. f ’en. t. 2 , p. 557), ci fanno conoscere che il Tilesio avea sofferta una pericolosa burrasca , e che a grande stento , dopo un viaggio di 40 giorni, era giunto a Cosenza; che era fermo di ritornare a Venezia, ma che la stagione che allor correva, cioè il febbraio del 1530, e la sua omai senile età non gli permettevano cT intraprendere allora quel viaggio; che nel