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TERZO 3»63 e di cui abbiamo altrove fatta menzione. Morì Giasone nel 1590 per dispiacere singolarmente di veder esule dagli Stati della Repubblica Pietro suo figliuolo per una rissa da lui avuta con un nobile veneto, per cui questi morì. Ma s’egli avesse potuto superare il suo dolore, avrebbe veduto questo suo figlio medesimo occupato onorevolmente in Roma alla corte di ragguardevoli personaggi, e stimato pel suo sapere, di cui ancora lasciò documenti in più opere, niuna però delle quali ha veduta la luce (V. Zeno, Note al Fontan. t. 1, p. 95, ec.). LVI1I. Non di ogni poesia generalmente, ma in particolar modo della drammatica prese a scrivere Angiolo Ingegneri di patria veneziano, nome pochissimo conosciuto finora , e di cui godo di potere per la prima volta produrre alcune notizie, tratte da’ bei monumenti che si conservano nel segreto archivio di Guastalla , gentilmente comunicatimi dal più volte lodato P. Affò. Fin dal 1572 avea egli tradotti in ottava rima i Rimedj contro l’Amore di Ovidio , e dedicatigli con sua lettera da Venezia come primo frutto de’ suoi studj ad Antonio Martinengo conte di Villachiara, e furono poi stampati in Avignone nell’anno 1576 (V. Argel. Bibl. de’ Volgarizz. t. 3, p. 161; t. 4» par. 2, p. 607). Nel 1578 trovavasi egli, non so per qual ragione, in Torino, e in quell’occasione accolse ivi, come altrove si è detto, il fuggiasco Torquato Tasso. Passò indi in Parma , ove cel mostrano le due edizioni fatte nel 1581 nella detta città e in Casalmaggiore della Gerusalemme del medesimo Tasso. Quindi Tiraboscbi, Voi. XIII. i3