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TERZO 3l45 l’introdurre eh1 ei fa in essi personaggi ideali, come l’Onore , la Fama, la Virtù, la Gloria , l’Inganno, il Livore, non ci permette di proporli come modelli degni d’imitazione. E veramente , quanto felici furono i progressi della poesia drammatica italiana nel corso di questo secolo, tanto più lenti furono que’ della latina, forse perchè non potendosi i drammi latini sì agevolmente rappresentate sulle pubbliche scene, pochi erano quelli che a ciò si accingessero; nè vi era stimolo di emulazione nel superarsi l’un l’altro. Il Giraldi confessa che poco in ciò avea prodotto l’Italia , e nomina solo, ma non con molta lode, Giovanni Armonio Marso, autore di una commedia intitolata Stefarùo (*), e Benedetto Zamberti veneziano, autor di un’altra detta Dolotechna (De Poet. suor. temp. dial. 1, p. 543), alle quali si può aggiugnere la tragedia intitolata Imber Aureus di Antonio Tilesio , e alcune tragedie di Gianfrancesco Stoa , de’ quali diremo nel capo seguente. La miglior cosa per avventura che in questo genere abbiamo, sono otto tragedie e due commedie di Coriolano Martirano da (*) Ecco il titolo della commedia dell’Armonio (non Armodio), stampata al principio del xvi secolo: Johannis Murinomi Alarsi Comoedia Stephanium Urbis Venetae genio publice recitata. Vrnetiis per Bernardinum Venetum de Vitalibus, in 4-° L’Armonio in essa lece anche da attore, come si raccoglie da una lettera dal Sabellico ad esso scritta (Epist. Salirli. l. 10); Bartolommeo non Benedetto Zamberti fu Fautore della commedia intitolata Dolotechne, essa pure stampata verso cpiel tempo (Agost. Scriit. vene*, t. 2, p. 5^*).