Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/515

TERZO | 667 comincia: A gli infami Principi dell’ infame suo secolo Nic. Franco Beneventano. Principi, io v ho parlato in rima, et hora vi parlo in prosa. Che parte haggiate fra tante infamie, vel potrete conoscere, se la vostra trascuraggine non sia così cieca in leggere, com è stata in donare. Io mi stupisco che niuno tra’ principi facesse al Franco quella risposta di cui era degno. Ma contro ragione si maraviglia l autor citato della Biblioteca francese, che il Franco ardisse di scrivere tai cose in Roma. Non in Roma, ma in Casale di Monferrato era allora il Franco, ove fu uno de’ principali accademici dell accademia degli Argonauti, e le Rime marittime da lui ivi composte furono stampate in Mantova nel 1547 insiem con quelle del Bottazzo e di altri accademici. Una lettera scritta dall’Aretino a Giovanni Alessandrino, nel settembre del 1549, ci mostra che il Franco era allor pedante in Mantova: Io sarei riconosciuto per benefattore et non per nimico fin da quel Franco, che delle sue ingratitudini vien punito (in mentre s'intitola flagellum flagelli) dalla sferza, concui gastiga i fanciulli, che non sanno compitare i nomi delle tristizie, che tutto dì gli rimprovera la scuola, che tiene in Mantova (Lettere, l.5, p. 155). Ma non sappiamo quanto ivi si trattenesse. Nella lettera al suo stampatore, da lui premessa alla prima edizione, e scritta nel 1541: Tutto che, dice, le tristizie di P. Aretino sieno infinite, finito ch' havrete d imprimerle, soggi ungereteci la Priapea volgare. perchè i Comentari Latini fatti sopra quella di Virgilio s’ imprimeranno