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i G34 Limo soltanto ch’egli continuò a starne lontano. Il Cortese in una sua lettera italiana al Cardinal Contarini, scritta nel 1536: Mi occorre, gli dice (l c. t. 1, p. 101), avanti tutte le altre cose raccordare a Vostra Signoria del nostro Don Severo, qui si adhuc in humanis agit, è persona che merita, che si faccia ogni opera per revocarlo in Italia, e del quale in ogni buona opera, che si abbia a fare, penso che debbia essere accomodato istrumento quanto alcun altro, che al presente si trovi, considerando in lui la letteratura, e la indole e i di lui costumi. Sicchè prego assai V. S. sii contenta fra le sue gravissime cure fare, che questa non 'sii la postrema, essendo tanto utile e proficua, quanto alcun altra. Ma qualunque ragion se ne fosse, Severo continuò a star lontan dall’Italia, e, come abbiamo udito narrarsi dal Fornari, morì in Allemagna; e se questo scrittore colla voce ultimamente intende poc'anzi, convien dire che ciò avvenisse verso il 1549), nel qual anno egli stampò la sua sposizione. Le due lettere e il distico mentovato sono il solo saggio del sapere di Severo, che abbia veduta la luce; e l’opera da lui scritta sulle Orazioni di Tullio dovette andare smarrita, o giacersi inedita. XXIV. Io mi son trattenuto nel ragionar delle cose di questo monaco alquanto a lungo, perchè esse non erano state rischiarate abbastanza. Di altri basterà il dire più in breve, benchè alcuni tra essi ci abbian date più pruove del lor valore. Zenobio Acciaiuoli fiorentino dell’Ordine de’ Predicatori, amicissimo di Angiolo