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TERZO 1G13 jtlj c a Stefano Sauli; ma che poscia dimentico e di una lauta cena che avea ivi ricevuta, e delle lodi di cui era stato onorato, e della lettera che avea sì istantemente richiesta, se n era ito villanamente (ib. p. 302). Nel 1521 passò da Venezia a Firenze, ove per favore del Cardinal Giulio de Medici ebbe la cattedra di lingua greca con assai onorevoli privilegi, e con una pensione di dieci scudi al mese dal cardinale assegnatagli, perchè recasse in latino il libro di Galeno De Partibus Animalium. Poichè fu eletto pontefice col nome di Clemente VII il detto cardinale, l’Alcionio, malgrado il divieto avutone dalla signoria di Firenze, gonfio di grandi speranze volò a Roma. Ma egli trovossi deluso; perciocchè, comunque avesse la cattedra d eloquenza, par nondimeno che per le calamità di que' tempi non ottenesse stipendio alcuno. Nel 1525 recitò innanzi al pontefice un’orazione dello Spirito Santo, per cui fu beffeggiato solennemente in una sua lettera da Girolamo Negri (Ciucili, Bibliot. volante, scans. 21, p. 81, ec.), il qual pure in più altre lettere ne parla con disprezzo (Lettere (de Principi t 1, p. 112, ec., 118, ec.; t. p. 66, ec.), benchè prima gli si fosse mostrato amico (H. Nigri Epist. et Orat. p. 25, ed. rom. 1767). Più funesto ancora fu all’Alcionio il soggiorno di Roma nel 1526, quando nel tumulto de' Colonnesi gli fu saccheggiata la stanza che avea in palazzo, e nel 1527" quando nel famoso sacco di Roma,, mentre ritiravasi col pontefice in Castel S. Angelo, fu ferito di una moschetta in un braccio. Rimessa la calma