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TERZO ‘ r>57 poi continuato da Leon X. Erano ad esso venuti alcuni Etiopi e alcuni Siro-Caldei, e volendo il sacerdote di questi, detto Giuseppe, celebrare la Messa nella sua lingua e nella sua liturgia, ciò non gli fu permesso, se prima essa non fosse diligentemente esaminata, e ne fu dato l’incarico a Teseo. Egli confessa che allora appena sapeva i primi elementi delle lingue ebraica, caldaica e arabica, e che perciò si diede a studiarle con più attenzione, valendosi singolarmente dell’opera di un certo Giuseppe Gallo ebreo, figlio di un rabino medico di Giulio II (cioè di Samuele Sarfadi, di cui e del figliuolo ancora detto da altri Giosifonte parla il ch. ab. Marini (Ai, p. 290, ec.) nella sua opera degli Archiatri pontifici), e tanto in esse si avanzò, che potè esaminare la Liturgia, e avendola giudicata ortodossa, fu permesso l usarne. Questo è ciò solo che dice FAmbrogio; non già che da quegli Etiopi e Caldei egli imparasse le loro lingue, come affermano il conte Mazzucchelli e il Vidmanstadio da lui citato. Ben ei racconta che prese per comando di Leon X ad istruire nella lingua latina uno di quegli Orientali, cioè Elia mandato da Pietro patriarca de’ Maroniti (l. c. p. 78). Quanto ad Abramo de Balmes, che il Vidmanstadio pure gli dà a maestro, io veggo ch’egli il loda (ib. p. 15, 98), ma non veggo che il dica mai suo maestro. Aggiugne il conte Mazzucchelli, citando l autorità del Ghilini, che Teseo ebbe da Lon X in premio de’ suoi studi la cattedra di lingue orientali in Bologna, e