Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/191

TERZO l343 maneggi della Repubblica, e onorato di ragguardevoli impieghi anche dal duca Cosimo, da cui nel 154 * fa inviato a Ferdinando re de’ Romani. Nel 1542 fu consolo dell’Accademia fiorentina, la quale in quel tempo salì a fama non ordinaria. La Storia da lui composta, che, finchè egli visse, non fu da lui mostrata ad alcuno, sì per eleganza di stile, che per arte di narrazione e per gravià di sentimenti, è una delle migliori di quell età. Ei si era prefisso di stenderla solo dal 1527 al 1530, anni memorabili per le rivoluzioni di quella Repubblica, ma avanzossi poi fino al 1555, cioè fino a quattr’anni innanzi alla sua morte. Nè questa fu l’unica occupazione del Segni. Dotto com’egli era nel greco, tradusse in lingua italiana assai elegantemente la Retorica, la Poetica, l’Etica, il Trattato de’ Governi e i libri dell’Anima di Aristotele, le quali traduzioni furono stampate in Firenze nel 1549 e nel 1550 trattane l’ultima che da Giambatista di lui figliuolo fu data in luce nel 1583; ed altre opere ancora dello stesso filosofo si dicon da lui tradotte, ma non mai pubblicate, il che pure è avvenuto della traduzione della tragedia di Sofocle detta Edipo il Principe, da lui fatta in versi italiani, di cui conservansi copie in alcune biblioteche di Firenze (V. Argelali, fi ibi. de Folgori zz. L 3, p. 4°4)* Molli elogi di lui fatti dagli scrittori di que’ tempi si producono delle sopraccennate due opere: e io mi compiaccio che coll’additare a chi legge i fonti onde può averne più copiose notizie, mi si offra il mezzo di uscire più facilmente dal vastissimo campo che sto ora scorrendo.