Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/118

ia-o LIBRO cup. I. 17 li ¡erogl). Ma dappoiché entrò nello .stato ecclesiastico, ed ebbe presi gli ordini sacri, dimenticò quelle profane poesie, nè più in esse occupossi j come afferma il Giolito nella dedica premessa alle stesse poesie amorose. Aveagli frattanto il pontefice Leon X dati ad istruir nelle lettere Ippolito e Alessandro de Medici suoi nipoti. Alcuni vi aggiungono ancor Caterina, che fu poi reina di Francia. Ma il Pierio a lei dedicando le sue poesie latine, fa bensì menzione d’ Ippolito e di Alessandro, di essa non dice motto. Con essi, dopo averli per qualche tempo istruiti in Roma, passò a Firenze, ed ivi per sua sventura ^ trovossi, quando nel 1527 amendue ne furon cacciati 5 ed egli ancora dovette fuggirsene e cercare altrove ricovero. Trovollo dapprima in Bologna, ove fu da Achille Bocchi amorevolmente accolto, e sollevato in diverse maniere dalle sue gravi sciagure (nuncup. l. 7. Hierogl). Celio Calcagnini ancora invitollo allora a Ferrara, e per due settimane seco il trattenne, chiamando ogni giorno i più dotti uomini di quella città a tenergli piacevole compagnia (nuncup. l. 16). Ritirossi allora Pierio j per qualche tempo alla sua patria, finchè richiamati nel 1530 i Medici in Firenze, egli ancora vi fece ritorno (nuncup. l. 7). Alcuni: scrittori, e tra essi il P. Niceron, dicono ch’ei trovossi presente al sacco di Roma, e che a gran pena camponne, conducendo salvi a Piacenza i due suoi discepoli, Ippolito ed Alessandro. Ma ne' passi da me citati, ci dice bensì di essere stato coi Medici cacciato da Firenze,