Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/450

io.r>o urno tenendo certo, s’ei viene, di aver a rimaner con pochi scolari Il qual Corte ormai, quanto alla profession sua, deficit in salutari suo, e comincia a non satisfar più, com ei solea, per causa della vechiaja, come qui ognuno dice. E poco più oltre in fatti sopravvisse il Corte, cioè solo fino al giugno dell'anno stesso. Due figli egli ebbe, essi ancora giureconsulti, Rolando e Francesco Girolamo, del primo de' quali scrivendo Luca Contile nel 1551 alla reina di Polonia, che bramava di avere un auditore italiano, gli propone Rolando di Corte Gentiluomo Pavese figliuolo del maggiore Jureconsulto, che habbiano havuti gli anni passati, e giovine di 28 anni (Contile, Lettere, l. 1, lett. penult.), e segue facendone un grande elogio, e dicendo che avendogli egli di ciò parlato, ei non ha ancor data certa risposta. Dietro a questo giureconsulto a’ suoi tempi famoso, ricorda il Panciroli Giovanni Nevizzani astigiano, di cui è celebre fra le altre l'opera intitolata Silva nuptialis, nella quale lungamente disputa prima contro del matrimonio, poscia in favor di esso, c per cui vuolsi che' egli contro di sè concitasse il donnesco furore: e Gianfrancesco Balbi torinese, o, secondo altri, di Aviliana presso Torino, di cui pure ragiona il co. Mazzucchelli (Scritt. it. t. 2, par. 1, p. 72). Indi più lungamente si stende in parlare di Gianfrancesco Riva di S Nazzaro pavese, che fu di fatto un de più chiari lumi della giurisprudenza di questo secolo (c. 157).