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884 mbno 10 ne farei qui menzione, se non dovessi correggere un errore in cui, dopo altri scrittori, è caduto parlandone il co. Mazzucchelli (Scritt.it. ital. t. 1, par. 1, p. 515, ec.). Egli crede che Andrea Alpago non sia diverso da quell’Andrea Mongaio pur bellunese, da noi mentovato nella storia del secolo xv. Egli si fonda sull’autorità del Piloni storico bellunese, il quale afferma che l’Alpago era della famiglia Mongaia. Ma checchè si dica il Piloni, è certo che il Mon» gaio era già uscito di vita, quando Pierio Valeriano scriveva il suo Dialogo dell infelicità dei’ Letterati, cioè a’ tempi di Clemente VII, come allora si è osservato, e che l Alpago vivea ancora nel 1554, nel qual anno sono scritte le lettere in cui il Mattioli di lui ragiona; ed è perciò evidente che l’uno si dee distinguer dall’ altro. VI. Un altro ancor più illustre scolaro ebbe il Ghini in Bartolommeo Maranta natio di Venosa nel regno di Napoli, il quale nella prefazione alla sua opera, di cui ora diremo, dice di averla intrapresa hortatu Lucae Ghini praeceptoris mei. Ov’ei l’avesse a maestro, io nol trovo. Certo è però, ch’ ei fece poscia ritorno a Napoli, ove visse tutti i suoi giorni. L’orto pieno delle più rare e più pregevoli piante, che ivi avea Gianvincenzo Pinelli, fu la scuola alla quale il Maranta si perfezionò nella scienza botanica. E frutto del lungo suo studio fu l’opera da lui composta e in tre libri divisa, intitolata Methodus cognoscendorum Simplicium. Egli la dedicò al Pinelli; ma avrebbe voluto che il suo maestro Ghini la rivedesse prima, e, ove fosse