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84a LIBRO e trovandone alcuni tratti al suo intento opportuni, l’inserì nella sua opera senza nominar lo Speroni. Questi amaramente se ne lagnò, e in uno de’ suoi Dialoghi sfogò alquanto il suo sdegno, scrivendo: Sovvenendomi... delle mie opere, le (quali parte sono stampate, ma così male, che senza biasimo dell' autore e de stampatori non si posson leggere, parte per tema di cadere in peggiori mani non ardiscono di stamparsi, gran cagione mi davano di pensarci, dubitando, che. alcun mio amico prendendo esempio dallo Stordito Intronato, il (quale straziati due miei Dialoghi, l'un della cura della Famiglia, l altro clamore, a quella sua beccheria molti pezzi ne appese, qualche cosa me ne involasse (Della Morte, Op. t. 2, p. 352, ed. Ven. 1640). E tanto più giusto era il lamento dello Speroni, quanto più dovea il Piccolomini essergli grato per l’elogio che fatto ne avea in un altro dialogo, ove lo introduce a parlare con Silvestro Girelli, e questi gli dice: Voi, dal quale la Sanese e la Padovana Accademia prende esempio di bene scrivere e ragionare (In lode delle Donne, ivi p. 334)• Daniello Barbaro, amicissimo dello Speroni, non soffrendo che alcun si abbellisse delle altrui spoglie, raccolti insieme e i due suddetti e altri dialoghi dello Speroni, li fece tosto stampare in Venezia lo stesso anno 1542, accennando nella prefazione il furto, ma tacendo il nome del Piccolomini, il qual sembra che si restasse spettatore tranquillo di tali sdegni. A qualche scusa però di esso, si può riflettere che se il Piccolomini avesse egli stesso data