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764 LIBRO le sue vicende ne1 primi anni della sua vita, in un leggiadro Dialogo che finge di aver tenuto con Gabriello Tadino da Martinengo cavalier di Rodi e prior di Barletta (Quesiti e Invenz. diverse, l. 6, ques. 8). Esso meriterebbe di esser qui riferito distesamente tanto è grazioso e piacevole. Ma la soverchia lunghezza mi obbliga a darne solo un estratto. Di suo padre ei non ci sa dare altra contezza, se non che avea. nome Michele, e che teneva un cavallo, et con quello correva alla posta ad istanzia de Cavalieri di IJ ressa, cioè portando lettere della Illustrissima Signoria da II ressa a Bergamo, a Crema, a Verona, et altri luoghi simili. Lepidissima è la risposta ch'ei dà al detto priore, il qual gli chiede qual fosse la casata di suo padre: Io non so, dic egli, ne me aricordo de altra sua casata ne cognome, salvo che set apre il seri tei da piccolino chiamar simplicemente Micheletto Cavallaro: potria esser, che avesse havuto qualche altra casata, over cognome: ma non ch' io sappia. La causa è, che il detto mio padre mi morse essendo io d'anni sei, vel circa, et così restai io, et un altro mio fratello poco maggior di me, et una mia sorella menora di me insieme con nostra madre vedova, et liquida di beni della fortuna con la quale non poco dapoifussemo dalla fortuna conquassati, chea volerlo raccontar saria cosa longa, la qual cosa mi dete da pensare in altro, che de inquerire, di che casata si chiamasse mio padre. La maggior delle sventure di Niccolò fu all' occasione del sacco che i Francesi diedero a Brescia, cioè nel 1512, nel qual tempo egli contava circa