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SECONDO per saggio de.’ moltissimi altri che si potrebbono nominar similmente, se il farlo potesse recar vantaggio. Lasciando dunque in disparte molti altri scrittori, passiamo a dire del frutto che dagli studii astronomici in questo secolo si raccolse, cioè della riforma del Calendario romano. Intorno al qual punto non fa bisogno di stendersi lungamente, poichè non pochi sono gli scrittori che ne trattano. XXIX. Già da molti secoli si dolevano i più esatti astronomi che il Calendario di cui si serviva la Chiesa, e che era stato adottato dal primo concilio niceno, non fosse esatto; perciocchè supponendosi in esso che il corso del sole corrispondesse precisamente a 365 giorni e 6 ore, e che 19 anni solari equivalessero a 235 lunazioni, questi due errori nel corso di molti secoli avean fatto che l'equinozio di marzo, ch a’ tempi di quel concilio era a’ 21, nel secolo xvi era già ritroceduto agli 11 del detto mese, e le nuove lune anticipavano di quattro giorni. Il celebre Beda fra gli altri avea già rilevati cotali errori, e di quando in quando eran sorti alcuni astronomi a chiederne la riforma. Il pontef Sisto IV, come altrove si è detto (t. 6, par. 1, p. 378), avea a ciò volto il pensiero, e il celebre Giovanni Regiomontano era stato a tal fine chiamato a Roma. Ma quest' astronomo morì poco appresso; e allora più non si pensò alla riforma. Frattanto nel corso del secolo xvi crebbero le doglianze contro il disordine del Calendario, e oltre gli Oltramontani, scrisser su ciò Pietro Pitati veronese da noi già mentovato, Basilio Lapi fiorentino monaco I