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SECONDO 5q3 dell’Ochino-, ina mostralo ancora di 11011 essere alieno dal seguirne le opinioni Diatr. ad. vol 3 Epist. Poli, c. 9). L’Ochino nell’agosto di quell'anno medesimo 1542 da Bologna passato a Firenze, mentre si stava incerto se dovesse o no andarsene a Roma, avvenutosi ivi in Pier Martire Vermigli, fu da lui esortato a non gittarsi nelle mani della corte romana (V. Muzio, Le Ment. Ochin.); ed egli seguendone il consiglio, due giorni dopo il Vermigli, involatosi segretamente, recossi a Ginevra. XL. Grande fu lo strepito che la caduta dell’Ochino eccitò in tutta l’ItaIia, che lo’avea finallora creduto un de più santi e de’ più zelanti ministri della divina parola. La bella ed eloquente lettera che Claudio Tolommei gli scrisse ai" 20 d’ottobre di quell’anno stesso, amorevolmente rimproverandogli la vergognosa sua apostasia (Tolom. Lett. p. 237, ed. Ven. 1565), ci mostra quanto a tal nuova fosse lo stupore e la sorpresa di tutti. Ma FOchino troppo erasi ormai innoltrato per poterne sperar cambiamento. Cominciò egli tosto a divolgare più libri, e tutti in lingua italiana, a sua discolpa insieme e a conferma de suoi errori; e fin dal 1543 diede alla luce in Basilea cinque volumi di Prediche, e nell’anno stesso indirizzò a magistrati di Siena una lettera parimente stampata, in cui cerca di scusare e di difendere la sua condotta. Ambrogio Catarino e il Muzio lo impugnarono con più libri, e celebri sono singolarmente le Mentite Ochiniane del secondo. Io non farò il catalogo di tutti gli opuscoli dell’ Ochino, che si può vedere nella Biblioteca deli’Havm (f. 2,