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SECONDO 5oy de’ più grandi uomini di questo secolo, di cui benchè non abbiamo opere che ci faccian pruova de’ suoi talenti e de’ suoi progressi nelle lettere e nelle scienze, sappi a m però, che’esse furono da lui coltivate felicemente; ed egli il diede a conoscere fra le altre cose in una cotal sua viva e robusta eloquenza, per cui credevasi che niuno potesse andargli del pari nel ragionare all’improvviso e innanzi a’ cospicui personaggi di qualunque più grave argomento. La \ ila che con molta eleganza ne ha scritta in latino Antonio Maria Graziani vescovo d’Amelia, e il molto che di lui ci raccontano tutti gli scrittori di quei' tempi, fa che sia inutile il dirne qui lungamente. Era egli nato in Venezia nel 1524 da Antonio Commendone oriundo da Bergamo, uomo versato nella medicina non solo, ma anche nell’amena letteratura, come si trae da una lettera a lui scritta da Bartolommeo Ricci, in cui si rallegra con esso del frutto maraviglioso che dagli studi fin d’allora raccoglieva il suo Gianfrancesco giovinetto di 13 anni (Riccii Op. t. 2, p: 403). Venuto a Roma nel 1550, si fece conoscere al pontef Giulio III con alcuni ingegnosi Epigrammi da lui composti sulla villa dello stesso pontefice' e questi, ravvisatone il raro talento e l’ottima indole, il nominò suo cameriere, ed esortatolo a coltivare ancora i più gravi studi, cominciò a valersene nel maneggio di alcuni affari. Il cardinale Dandino, destinato legato a Cesare nel 1553, il volle seco, ed egli cominciò a dar saggio della singolar sua destrezza nel difficile incarico che dal cardinale gli fu affidato \