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PREFAZIONE Io prendo a scriver la Storia della Letteratura italiana del secolo xvi. All’udire di questo nome quai grandi e magnifiche idee si risvegliano nell animo di chiunque non è del tutto insensibile a quella gloria che seco porta il coltivamento delle lettere e delle arti! Un secolo in cui si videro i romani pontefici, i Medici, gli Estensi, i Gonzaghi, i principi tutti d’Italia profondere a gara i tesori per avvivare le scienze e per premiare i loro coltivatori; un secolo in cui appena v ebbe città in Italia, che non vedesse nelle sue mura raccolte illustri adunanze di dottissimi uomini tutti rivolti a spargere nuova luce sulla seria e sulla piacevole letteratura; un secolo in cui i privati si videro gareggiar co sovrani nel raccogliere con lusso e magnificenza reale musei ricchissimi di antichità d’ ogni genere e copiosissime biblioteche; un secolo in cui l’onore della romana porpora fu per lo più destinato a ricompensa delle letterarie fatiche, e di essa perciò si videro rivestiti i Bembi, gli Aleandri, i Sadoleti, i Grimani, i Fregosi, i Maffei, i Cortesi, i Moroni, i Navageri, i Seripandi, i Sirleti, i Baronj!, gli Antoniani, i Bellarmini e cento altri che colle loro virtù non meno che col loro sapere tanto illustraron la Chiesa; un secolo in cui la poesia italiana coll’ additarci un Sannazzaro, un Ariosto, un Tasso, un Molza, un Casa, un Costanzo, un Baldi, un Alamanni, e la latina col rammentarci un Flaminio, un Fracastoro, un Castiglione, un Vida, un Zanchi, sembra vantarsi di esser giunta al più alto segno di gloria a cui potesse aspirare; un secolo in cui la storia per mezzo dei’ Sigonj, de’ Guicciardini, de’ Bonfadj, de’ Maffei, de’ Varchi, comparve finalmente adorna de’veri suoi pregi; un secolo in cui fantichità e l’erudizione per mezzo de’ Manuzj, de’ Calcagnini, de’ Panvinj, dei’Giraldi, degli Alciati, de’ Vichi, degli