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pniMo a5 poesia, c perciò egli era continuamente assediato e importunato da' poeti, come leggiadramente racconta Pierio Valeriano (Carm, p. 28, ed. Ven. 1550). Il Giovio descrive a lungo (l.c. l 4)t e no* dovrein ragionarne a luogo più opportuno, le cene che presso di lui si tenevano, ove fra le più squisite vivande e fra i più rari liquori gareggiavano i poeti in dar pruove di lor talento. Vero è che in queste occasioni cotai poeti eran comunemente più amici di Bacco che delle Muse, e servivan di giocoso trastullo al pontefice e a cardinali per le burle che di essi ognun si prendeva j e celebri sono ancora i nomi delTArcipoeta e di Baraballo, de’ quali diremo altrove Ma gli eleganti e leggiadri poeti non eran men cari a Leone, e godeva egli principalmente delle rappresentazioni drammatiche, al qual fine faceva ogni anno venir da Siena la Congrega ossia l Accademia de Rozzi, che nel Vaticano recitava le sue commedie (Stor. del! dee ad. de' Rozzi, p. 11), e il card Bernardo da Bibbiena ebbe l onore di aver il pontefice spettatore della rappresentazione della sua Calandra. Qual maraviglia perciò, che gli scrittori di quel tempo esaltassero a gara un sì benefico mecenate? Fra moltissimi le cui parole potremo qui arrecare, basti un solo, cioè Rafaello Brancolini da noi mentovato nel precedente tomo, ch essendo vissuto fino a principj del pontificato di Leon X., compose in onor di esso l elegante suo dialogo intitolato Leo. Nè sia grave a chi legge, ch’ io ne rechi qui intero il bel passo in cui egli celebra la beneficenza di esso verso le lettere: Nulltim