Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/316

3oa LIBRO eli tutta la sua famiglia e del corredo della sua arte; nel che è verisimile che gran parte avesse il cardinale Borromeo nipote del papa, col cui consiglio reggevasi allora ogni cosa. Trasferissi Paolo a Roma nella state del 1561. Delle opere dal Manuzio pubblicate ne nove anni che ivi trattennesi, de’ valentuomini che in quelle edizioni gli furon d’ ajuto, tra’ quali si annoverano il Sirleto, il Faerno, il Panvinio, Latino Latini e più altri, veggasi il suddetto ab. Lazzeri che ne ragiona minutamente, provando ogni cosa con autorevoli documenti. La stamperia del Manuzio era posta in Campidoglio nel palazzo stesso del Popolo romano, e perciò ne’ libri ivi stampati leggesi per lo più Apud Paulum Manutium in aedibus Populi Romani. Pareva che quel soggiorno, e l’impiego ivi affidatogli, dovesse fissare in Roma il Manuzio. Ciò non ostante o perchè gli sembrasse che alla fatica non corrispondesse il guadagno, o perchè le frequenti sue indisposizioni ne sconcertassero l’animo, nel 1570 prese congedo; e nell’ autunno tornò a Venezia. De’ motivi che condussero a tale risoluzione il Manuzio, parla a lungo il sopraccennato scrittore, il quale mostra ch’ egli medesimo non è coerente a se stesso nel ragionarne, e reca or una or un’altra ragione. e scrivendo ad uno si chiama per ogni riguardo felice in Roma, scrivendo ad un altro quasi al tempo medesimo si duole del suo misero stato, incostanza per avventura, come si è detto, in lui cagionata dalle sue indisposizioni.