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iy4 lìbuo sinché non nc ebbero una migliore. E diverso assai da quel del Giraldi fu il giudizio che di quelle scuole diedero al tempo medesimo altri uomini dotti 5 di alcuni dei’ quali ho recate le parole poc’anzi, di altri assai più potrei ancora recai le, se non mi fossi prefisso di non trattare di questo argomento, se non quanto il fine di questa mia Storia da me necessariamente richiede. Quindi a giustificare in qualche modo l’unanime consentimento dei’ principi italiani di questo secolo nel commettere l’educazione de’ giovani a’ Gesuiti, mi basterà il ricordare il giudizio che delle loro scuole diede uno de’ più dotti scrittori del secolo stesso, il cui nome è ancora e sarà sempre in venerazione presso i saggi estimatori del vero merito, cioè il celebre Bacone da Verulamio, il quale non può cadere in sospetto di giudice o per ignoranza o per parzialità accecato: Quae nobilissima pars priscae disciplinae dic’egli parlando della maniera di educar nelle scuole la gioventù, revocata est aliquatenus quasi postliminio in Jesuitarum Collegiis, quorum cum intueor industri am solerfiamque tam in doctrina excolenda, quam in morbus informandis, illud occurrit, Age si lai de Pharnabazo: Talis cum sis, utinam noster esses (De Augment Scient l. 2, p. 22, ed. Amstel. 1730). E altrove: Ad Paedagogicam quod attinet, brevissimum foret dictu: Consule Scholas Jesuitarum. Nihil enim, quod in usimi venti, bis melius (ib. l. 6, p. 388). E a questo attribuisce egli stesso il vantaggio che alla Chiesa romana avean essi recato: Nuper etiam intueri licet Jesuitas (qui partim studio proprio,