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TEKZO 1;4(J somigliante fu l orologio fatto nel secolo precedente da Giovanni Dondi in Pavia. Gli orologi mobili ancora e di picciola mole erano in questo secolo già conosciuti, e fatti anche in modo che col suono indicassero le ore e segnasser innoltre il corso de’ pianeti. Ne abbiamo la pruova in un sonetto di Gasparo Visconti poeta di questo secolo, citato dal Sassi (Hist typogr. mediol p. 360, ec.), in cui paragona un amante a un orologio, e nel cui titolo così dice: Si fanno certi orologi piccoli e portativi, che con poco d artifizio sempre lavorano, mostrando le ore, e molti corsi de pianeti, et le feste, sonando, quando il tempo lo recerca. Di questi però non sappiamo chi fosse il primo ritrovatore, e se essi abbiano avuta origine in Italia, o altrove. Certo anche in Francia verso questo tempo medesimo essi erano conosciuti, se è vero ciò che narra il Du Verdier citato dagli Enciclopedisti (art. Horologe), cioè che un gentiluomo francese rovinato dal giuoco entrò un giorno nella camera, ove era il re Luigi XI, e tolto segretamente un oriuolo che ivi era, sel nascose fra la manica, ma che scoperto il furto al suono delle ore che in quel punto si udì, il re non solo gli perdonò, ma gli fè’ dono dello stesso oriuolo. Questo fatto però non so se possa dirsi abbastanza provato coll’ autorità del suddetto scrittore. Così quest’ arte ancora si andò ognora perfezionando sino a giugnere col progresso degli anni a quella finezza a cui la veggiamo or pervenuta (*). (*) Non solo gli orologi a ruota, ma quelli ancora