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i ■r 16 unno dice: Prima li te ramni et G ramati cae elementa didicit praeceptore Jucundo Veronensi, cliente familiae nostrae, homine dot tissimo, probissimo, qui postea ad Monachos Franciscanos transiit. Lo stesso Giulio Cesare parla più volte di Giocondo, e sempre lo dice suo maestro nella lingua greca e nella latina (Carm, p. 3i8, rtl. 1091; de Subtilit. in Cardan. Exercit 104, n. 23; 226, n. 12), e in un luogo singolarmente ne fa questo elogio: Joannes Jucundus ci vis noster nobili genere prognatus, qui Maximiliani jussu cum Hieronymo Dominio Norico fortissimo ac sanctissimo viro inter tyrocinii rudimenta me utriusque Literaturae primis sacris imbuit, vir fu.it in Pliisolophia Peripatetica non ignobilis, Scoticae sectae summus Theologus, in Mathematicis nulli secundus, in Optice atque Architectura omnium facile princeps (ib. ì'xerc. 329). Nel qual luogo, benchè ei nol dica Francescano, lo accenna nondimeno assai chiaramente col dirlo grande Scotista. Il signore de la Monnoye disputa lungamente (Menagiana, t 4, p. 97, ec.) contro questo passo dello Scaligero, e sostiene che questi, per comprovar sempre più i suoi sogni intorno alla sua nobiltà, ha finto di aver avuto per suo maestro Giocondo, dicendolo uom nobile e cliente della sua famiglia; e ch’ egli forse non conobbe mai di vista questo architetto, e che sapendo solo che’egli era religioso, scrisse indovinando ch era un grande Scotista. Io non vo’ ricercare qual fede si debba a’ due Scaligeri, benchè, a dir vero, sembri impossibile che Giulio Cesare, il qual certamente fu concittadino di F. Giocondo,