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TERZO *693 Xin Più volentieri io entrerò a cercare di qual indole fosse l eloquenza del Savonarola, che il rendette allora sì caro a’ suoi partigiani, e sì formidabile a’ suoi avversarj. Or se in altri oratori abbiamo osservato che l’applauso con cui furono uditi, e il frutto che trassero da’ lor sermoni, deesi attribuire a tutt’ altro che a una vera e ben regolata eloquenza; nel Savonarola al contrario dobbiamo confessare che si vede una forza e un’energia di favellare, che non è a stupire se ei mettesse co’ suoi sermoni a rumore le intere città. Ei non ha al certo nè una giusta divisione del suo argomento, nè un ordinato progresso di raziocinio, nè sceltezza di espressioni, nè eleganza di stile. Ma a quando a quando egli inveisce e tuona con sì gran forza, che sembra un fulmine. Rechiamone qualche tratto per prova, in cui io non farò che leggerissimi cambiamenti, perchè la rozzezza della lingua non ne sminuisca la forza: Ora vedete, dice egli parlando dell’Esodo nella predica del primo di quaresima, se questo libro vi pare a proposito, e che parli appunto dei' tempi nostri e delle nostre persecuzioni. Ma perchè io non voglio essere stamane più lungo, vi dirò una parola, e manderovvi a casa. Che vuoi tu dire, frate? che parola sarà questa? Io ti vorrei dire miglior novella, che non ho: non si può far altro: stanotte non abbiamo avuta miglior novella che questa. A voi buoni, e che siete retti di cuore, dico sempre bene. Non dubitate voi buoni, che ’l Signor sempre vi farà bene. Popolo fiorentino, io dico a' cattivi. Tu sai ch’ egli è un proverbio che dice: XIII Qual fosse la sua eloquente.