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TERZO 14i5 dal periamo Lìppo fiorentino religioso dell Ordine de Romitani di S. Agostino, e cieco quasi fin dalla nascita, con sì grande ammirazione de' magistrati della città e degli uomini eruditi, ' ' parlando, o scrivendo. la sacra Scrittura, e la maneggia e la tratta con somma destrezza. Ei possiede sì bene queir l’antica filosofia, grave, soda ed ornata, che ci è stata tramandata da' Greci, e che ora nelle nostre scuole non è più in uso, che quando di essa ragiona, non ci sembra già di udire un Burleo, un Paolo Veneto, uno Strodo, ma Platone, Aristotile e Teofrasto. Taccio i monumenti di tutte le storie, e quanto v ha nei’ poeti e negli oratori di più grande e sublime, le quali cose ha egli in tal modo presenti, che sembra averle non già apprese, ma portate seco fino dal nascere. Nel toccare la cetra, se mi è lecito il dirlo, supera Apolline ed Anfione. E a’ più famosi poeti ancora ei va innanzi perciò, che que’ versi ch’ essi facevano con lungo studio, egli all improvviso li compone e li canta. Nel che ei dà a vedere una sì pronta, sì fertile e sì ferma memoria, e. una sì grande felicità d’ingegno e di stile, che appena, o mio Campagnola, tu puoi immaginarla. Io non mi ricordo di aver mai o veduta o letta tal cosa in altri. Di Ciro raccontasi che nominò di seguito tutti i soldati del suo esercito; di Cine a, che venuto a Roma ambasciatore di Pirro, il secondo giorno appellò coi nomi lor proprj i senatori e i cavalieri tutti di Egli ama singolarmente