Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/194

l4°8 LIBRO aver detto (ih. p. 535) die il Poliziano fu uomo di grande e vivace ingegno, di varia e non volgare dottrina. e di vastissima erudizione), aggiugne che nelle poesie di esso si scorge l estro più che non l’artificio, e che la scelta delle espressioni e l’eleganza dello stile non è qual vorrebbesi in un perfetto poeta; che le quattro Selve latine, che ne abbiamo, intitolate Nutricia) Rusticus, Ambra, Manto, sembran dapprima tali a cui non manchi alcun pregio; ma che se pongansi al confronto colle poesie del Pontano, questi pare un Entello, quegli un Darete. Maggior lode per avventura deesi al Poliziano pe’ suoi greci epigrammi, che vanno aggiunti a molti epigrammi latini da lui composti, nel che deesi ancor più ammirarne l'ingegno e lo studio, perchè alcuni di essi furono scritti mentre ei non contava che diciassette o diciotto anni di età, come dal titolo ad essi premesso raccogliesi. Amico del Poliziano, e da lui molto pregiato pel suo talento poetico, fu Alessandro Cortese fratello di Paolo, di cui abbiamo a lungo parlato in questo tomo medesimo. Un ode dal Poliziano a lui scritta, perchè Alessandro venuto a Firenze per rivederlo l’aveva trovato assente, ci mostra (quanto tenera fosse la loro amicizia (Polit. Carm, p. 3io, cd Lngd. 1537. Della vita da lui condotta sappiamo assai poco. Jacopo Volterrano nel suo Diario ci ha lasciata memoria che Alessandro, allora giovane, nel 1483 recitò un’ orazione nella basilica Vaticana in Roma nel giorno della'Epifania: Alexander Carte si us modestia et eruditus juvenis orationem