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13^4 LIBRO e comincia con questo elogio di questo giovin poeta: Curarnin pr.iesens solnmcn dulce mearum. Absens pectoribus maxima cura meis, Tribrache, cui merito faciles tribuere C.anioenae A cito condendis nomina carminibus, Tribrache Pegasei nomen fatale liquoris, Et morum et vitae semper imago meae, Quem mecum oblectant vitae praecepta quietae, Quique soles nostro primus inesse choro, ec. Di questo Tribraco assai men vantaggioso concetto avea il Bembo, che scrivendo a Dante III Alighieri in Verona di un professore di belle lettere, che i Veronesi cercavano, dice: De Tribacho nescio quo illo Mutinensi, quem audio istic circumire singulos, vos videritis. Ego quidem isto nomine doctum esse aliquem nesciebam usquam gentium. (l. 4 Famil. ep. 12). Questa lettera è scritta nel 1506, e in tal anno perciò convien dire ch’ei si fosse recato a Verona per ottener quella cattedra, la qual però non troviamo che fossegli conceduta. Pare ch ei sia lo stesso che quel Dionigi Trimbocco (a) di cui fa un lungo elogio Tommasino Lancillotto, che n era stato scolaro, nella Cronaca di Modena, che conservasi manoscritta in questa biblioteca Estense, donde l ha copiato il Vedrani (Dott. moden. p. 34). In esso fra le (a) Dionigi Trimbocco veniva probabilmente da un di quelli di cui si lia menzione in un decreto de' 3 di luglio del i.^o del marchese Leonello, in cui si nomina Antonio de’ 'fi-imbocchi cittudin modenese giù morto, e i figli da lui lasciati, cioè Giovanni, liarlolommeo, Geminiano, Gasparo e Dionigi. i