Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/120

1334 LIBRO guardo al talento poetico, che Lorenzo Valla fu accusato allo stesso pontefice Martino V, perchè aveva osato dire che Bartolommeo da Montepulciano era miglior poeta del Losco. Egli fu grande amico di Poggio, che lo introduce a parlare nel suo dialogo dell’Avarizia, e in quello della Varietà della Fortuna, ossia delle rovine di Roma. E veramente grandi sono gli elogi che gli uomini eruditi di quella’età ci han lasciato dell’ingegno e dell’eleganza di scrivere del Losco. Molti ne reca il P. Angiolgabriello, e ad essi può aggiugnersi quello ancor più magnifico di Giuseppe Brivio, che si è prodotto nel suddetto Giornale, ove ancora si è dimostrato che il Losco finì di vivere in età molto avanzata tra ’l 1447 e il 1450 Francesco Barbaro si adoperò con molta sollecitudine, perchè le poesie del Losco fosser raccolte e pubblicate, di che ei parla in una sua lettera a Francesco Losco di lui figliuolo (Barb. ep. 8, p. 106). Ma ciò non ostante è assai poco ciò che se ne ha alle stampe. Il P. Angiolgabriello ci dà un esatto ragguaglio, e qualche saggio ancora delle poesie latine sì stampate che inedite di questo allor sì famoso poeta; ed esse son tali, che ben si conosce che si era a que’ tempi ancora ben lungi dall’eleganza e dal gusto degli antichi scrittori. Ne abbiamo ancora alle stampe un Comento sopra undici Orazioni di Cicerone; e alcune altre opere in prosa latina se ne conservano manoscritte, e fra esse un’Invettiva contro de’ Fiorentini, che. il Losco scrisse in non so quale occasione. Di essa parla, e ce ne dà ancor qualche tratto l'abate Mehus (f tUt