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SECONDO G?!) medicina nell’università di Bologna, il die io non so se comprovisi con autentici documenti, i Perugini frattanto chiamarono Matteolo a leggere in patria; e i Padovani, ai quali rincresceva il perdere un uom sì dotto, ricorsero a Francesco Barbaro, perchè ottenesse da’ Perugini , che Matteolo si rimanesse tra loro. Abbiamo la lettera ch’ei perciò sci isse (Barò, ep. 219) nel novembre del 1453 a Pietro del Monte vescovo di Brescia e governatore di Perugia. Il Barbaro in essa dice che Matteolo era suo medico ed amico, e prega il governatore che faccia intendere a’ Perugini, che, poichè la lor patria è tanto famosa per valore nell’armi , per eloquenza e per gli studj legali, permettano almeno a Padova che nella filosofia o nella medicina conservi l’antica sua fama. Ma la risposta non fu quale il Barbaro desiderava; perciocchè Pietro dal Monte gli scrisse (ib. ep. 220) che rallegravasi con esso lui che avesse sì gran concetto di Matteolo uomo rinomatissimo» ma che i Perugini non potevano in alcun modo permettere ch’egli continuasse a starsene in Padova; ch’egli stesso avea istantemente pregato d’esser chiamato a Perugia, e che aveane chiesta e ottenuta licenza dal senato veneto; eli’ essi sospettavano che Matteolo non fosse pago de’ patti con loro stabiliti, ma che non avrebbero permesso eli’ ei mancasse di fede , e che perciò o si risolvesse a venire, o fosse certo che mai più non sarebbe stato dalla sua patria invitato. Il Cardinal Querini parlando di queste lettere, dice (Diatriba ad Epist. Barbar. p. 95) eli’ ci 11011 sa se.Matteolo passasse