Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/247

SECONDO SS[) dice, nella Vaticana, racconta clic essendo Amedeo disceso dalla non sua cattedra, Niccolò ancora fu da molti istantemente pregato a seguirne l’esempio, e a spogliarsi dalla porpora non ben ricevuta 5 ma eli’ egli tergiversando ognora, frappose al farlo sì lungo indugio, che morì prima di sottomettersi ad Eugenio, e nel morire si dolse che a persuasione de’ suoi nipoti si fosse impegnato in un ingiusto partito. Ma nelle Memorie per servire alla Storia letteraria di Sicilia (t. 1, par. 5, 40 ec) abbiamo una lettera in cui si esamina, e a ragion si rigetta cotal racconto. Perciocchè, come ivi ben si riflette, Amedeo non si sottomise al pontefice che l’anno 1449 e Niccolò era morto in Palermo quattro anni prima, cioè nel 1445 e perciò non gli si può opporre il delitto di aver perseverato con ostinazione poiché lo stesso Amedeo avea deposte le mal ricevute insegne. Ma se Niccolò non fu così reo, come descrivesi nell’accennato racconto, non può negarsi però, ch’ei nel seguire il partito di Amedeo non ascoltasse più l’ambizione che la ragione; e non è veri si ni ile che un uom sì dotto, com’egli era, non avesse bastevol lume a conoscere quanto rovinosa fosse la causa che da lui sostenevasi. In fatti altre pruove si adducono dal Panciroli, le quali però non so bene a che fondamento si appoggino, a dimostrare che in Niccolò era più a lodarsi il sapere e l’ingegno, che la probità e la rettitudine; e la sola condotta da lui tenuta nel concilio di Basilea basta a persuadercene. nello scisma, dap-